Maria La Duca

Qui e adesso – cosa ci insegnano Fatboy Slim e Wall-E

“Right here, right now is where we draw the line. The world is waking up. And change is coming, whether you like it or not.”, tuonava così Greta Thunberg alle Nazioni Unite nel 2019. E a due anni da quel discorso le sue parole fanno eco oggi, nelle celebrazioni per la 51esima Giornata Mondiale della Terra. L’Earth Day è la più grande manifestazione ambientale del pianeta, l’unico giorno in cui tutti i cittadini del mondo sono invitati ad unirsi per celebrarlo e promuoverne la salvaguardia. Nato nel 1962 a seguito della pubblicazione del libro “Primavera silenziosa” della biologa Rachel Carson, autentico manifesto del movimento ambientalista, e poi fortemente voluto dall’attivista per la pace John McConnell, fu celebrata per la prima volta il 21 marzo 1970. Ora coinvolge ogni anno fino a un miliardo di persone in 193 paesi del mondo.
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Il sentimento che quel giorno l’allora sedicenne svedese suscitò in molti di noi riuscì a muovere anche il mondo della musica e pochi giorni dopo un signore di nome Norman Cook, meglio noto come Fatboy Slim, lo remixò sulle basi di quel pezzone di fine anni 90 che tutti, almeno una volta, abbiamo ascoltato. Ascoltato e guardato perchè “Right here, right now”, pubblicato il 19 aprile del ’99 e quarto singolo di “You’ve Come a Long, Baby”, mostra in quei tre minuti e mezzo di video 360 miliardi di anni del nostro pianeta. A onor del vero quella data non è proprio esatta – l’universo nacque solo 13,7 miliardi di anni di fa – ma poco ci importa perché nessuno può negare, nemmeno il più incallito creazionista, che l’Uomo rappresenta solo lo 0,01% della vita della Terra (ma ha già distrutto l’83% delle specie).

Il video punta il dito dritto dritto contro il consumismo bulimico e lo slogan sulla maglietta del tizio, che sta anche sulla copertina dell’album, “N.1, so why try harder?” ci urla in faccia una spietata e crudele verità: l’uomo è al top della scala evolutiva, quindi perché sforzarsi più duramente?

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Perché siamo solo ospiti quaggiù e stiamo distruggendo la nostra casa, vorrei tanto dire.
Oppure perché potremmo finire confinati nello spazio, obesi e inerti, su un’astronave tale e quale a quella di Wall-E, il film Disney + Pixar del 2008, mentre qualcuno ci rassetta il pianeta.
Le forme rotonde del ciccione di Fatboy Slim e degli uomini senza ossa del lungometraggio animato condividono la stessa denuncia e chissà che i disegnatori più famosi del mondo non avessero in cuffia proprio il DJ di Brighton mentre abbozzavano quel molle futuro.

Più probabile invece che a lui sia capitato di inciampare in “Give me liberty”, capolavoro a fumetti di Frank Miller e Dave Gibbons del 1990, saga del filone Dark Age con una brutale critica sociale nel cuore, dove compare la Fat Boy: una spietata catena multinazionale di fast-food che complotta per trasformare la foresta amazzonica in un immenso allevamento dei suoi bovini. E che schiavizza masse di ciccioni americani dipendenti dai suoi prodotti.

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Di certo abbiamo solo quel che possiamo fare per prenderci cura del suolo che calpestiamo tutti giorni; quell’insieme così eccitante di alberi mossi dal vento, mari agitati, cime mute che tendono ai cieli azzurri, uova che si schiudono e corse feroci per vincere la fame. È questo ciò che dobbiamo proteggere, difendere ed amare, perché davvero non c’è alcuna alternativa.
Link Utili
Video Right here, right now
Per i fanatici Art of Wall-E

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