Lo studio dei colori è una faccenda che ci incanta fin dai tempi antichi; ci sono passati tutti, storici, chimici, fisici, poeti, esperti di marketing, branding e comunicazione. Ci sono alcuni editori che hanno fatto di una precisa palette una vera e propria linea editoriale, ad esempio Tyler Brûlé di Monocle, magazine di lifestyle inglese, che in copertina non vuole per alcun motivo verde e viola e ha declinato tutta l’immagine del suo marchio attorno al colore giallo. Queste rigorose scelte cromatiche regalano ambienti armoniosi, piatti invitanti, abiti perfettamente intonati alla nostra stagione; appagano l’occhio e sono in grado di cambiare il nostro umore fino a predisporlo a specifiche reazioni, pensiamo ad esempio all’azione calmante di quell’azzurrino dell’ambulatorio medico o al potere del red carpet.
Tutto questo per presentarvi Camilla Falsini, illustratrice romana, e darvi subito un’idea del mondo in cui vuole portarci con le sue immagini. Neanche a farlo apposta il colore è esattamente la sua cifra stilistica. Il fascino per i pigmenti nasce dai primissimi libri che l’autrice sfoglia da bambina, uno fra tutti nonché il suo preferito è Il pianeta degli alberi di Natale, romanzo di Gianni Rodari illustrato da Munari e edito per la prima volta nel 1962 da Einaudi. In copertina trionfa la coppia di complementari rosso/verde che, insieme al nero e al bianco del foglio, ricorrerà in tutto il libro. Una scelta che nella sua semplicità apparente scalza la banalità dei colori natalizi a favore della vibrazione che questi due toni producono accostati. Camilla cresce così immersa tra gli stimoli visivi che i genitori le offrono, mescolando Richard Scarry a L’illustrazione dei Piccoli, e la formazione classica che le suggeriscono, prima di arrivare allo IED di Roma. Radica il suo modo di vedere il mondo nello studio delle lingue antiche e nelle sue forme infatti ritroviamo soggetti che ricordano figure mitologiche, cariche di simbolismo e a tratti primordiali.
“Munari quella volta si è confrontato con un testo e lo ha risolto visivamente, non si è svegliato pensando di risolvere se stesso”
È il muro quindi lo sfondo più naturale per le sue opere dove il progetto, nato intimo, è donato alla città per diventare di tutti. “Quando lavoro ad un murales questo entra a tutti gli effetti nel tessuto del quartiere e vive con esso” racconta Falsini “le persone lo accolgono e sperimentano l’effetto dell’arte pubblica e della sua dimensione partecipata. Uno degli ultimi lavori realizzati in Corso Belgio a Torino per Lavazza è stato così sentito che quando è arrivato il momento di rifare il muro per il via del superbonus, ho ricevuto tantissimi messaggi di “protesta”, tanto che per un attimo è sembrato possibile invertire la rotta e conservare l’immagine”. Un’altra prova del forte legame che lega immagine e lettori, dove la prima si carica di tutte le interpretazioni possibili dei secondi: un dialogo perpetuo in cui l’Io non esiste senza il Tu. Cosa sarebbe infatti una illustrazione senza il suo spettatore? Proprio nell’arte applicata Camilla trova la sua definizione della parola Illustrazione: “Munari quella volta si è confrontato con un testo e lo ha risolto visivamente, non si è svegliato pensando di risolvere se stesso” precisa. Illustrare quindi per commentare, chiarire un concetto, un testo, una poesia. E allora ecco che ritorna l’amore per il significato e l’origine delle parole appresa studiando greco e latino. Un esercizio che costella tutto il suo lavoro, utile a comprendere il quotidiano per restituirlo in forma e colore.