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Maria La Duca

Amici immaginari: Marta Bertello

Incontro Marta Bertello un pomeriggio di metà aprile, il luogo è una videochiamata; abbiamo fatto nostro questo nuovo modo di comunicare e solo dopo qualche minuto ci chiediamo da quale città ci stiamo chiamando. Accade qualcosa di simile quando si guarda un’illustrazione: entriamo in uno spazio che prima di essere disegnato non esisteva, dove il nostro occhio cerca curioso ed esplora quella nuova realtà. Potremmo essere ovunque.

“Ho sempre vissuto questa lotta tra il linguaggio dell’arte e quello della narrazione in sequenza”.

Lei ora vive a Venezia, dove è arrivata per lavorare al Museo del ‘900 di Mestre, dopo una laurea alla Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. “Sono torinese doc, mio nonno era pittore e frequentava la Scuola del Nudo in Accademia prima di conoscere mia nonna, che un attimo dopo il suo arrivo aveva suggerito velatamente di darci un taglio” ride Marta mentre mi racconta qualcosa di sé.

Cresciuta in una casa piena di fumetti impara i fondamenti della pittura classica conservando il ricordo di quelle immagini: “mentre studiavo avevo negli occhi Lupo Alberto e ho sempre vissuto questa lotta tra il linguaggio dell’arte e quello della narrazione in sequenza. Quella dimensione così descrittiva, tipica del quadro così come è concepito nella cultura accademica, era solo il punto di partenza, sentivo di voler andare altrove”.

“Vorrei portare nel quotidiano ciò che rende speciale il sogno”.

Si laurea con una tesi sul Realismo Magico, raccogliendo sul tavolo nomi come Casorati e Hopper ed è proprio il mondo onirico ad affascinarla “vorrei portare nel quotidiano ciò che rende speciale il sogno: quel velo calato tra reale e irreale, denso della tensione che ti fa cercare ciò che non vedi”.
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© Marta Bertello
Trova nella grafite la tecnica preferita per trasformare le sue intenzioni e continua a sperimentare partecipando a incontri e workshop esterni all’ambiente accademico. La svolta avviene nell’incontro con Isabella Mazzanti che la conduce definitivamente sulla strada dell’illustrazione. È proprio questa forma espressiva che le consente di approfondire un tema a lei caro: il mondo femminile, carico di sensualità e sfumature noir, ma soprattutto svestito dei canoni appresi durante gli studi.

“Quando la mia capacità espressiva deve venire a patti con il cliente inizia un dialogo a più voci che arricchisce il lavoro di tutte le parti coinvolte”.

Nel mestiere del disegnatore si muovono anche dinamiche nuove ed è il rapporto con il committente ad affascinarla; la relazione che si crea tra un’esigenza comunicativa e l’abilità dell’autore di tradurla in segno. “Quando la mia capacità espressiva deve venire a patti con il cliente inizia un dialogo a più voci che arricchisce il lavoro di tutte le parti coinvolte. La finalità dichiarata non toglie valore al prodotto, anzi aggiunge significato perché l’urgenza narrativa è condivisa” spiega Marta “la strada solitaria dell’arte non mi permetterebbe di affrontare questo percorso, che è la cosa che più mi interessa ora”.
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© Marta Bertello

All’animazione arriva con naturalezza, studiando la composizione dell’immagine dove quella tensione che cerca suggerisce il movimento, anche all’interno di scene che sembrano immobili. Quella tensione è il movimento sperato. Nel linguaggio che unisce cinema e immagine trova eco il bisogno di raccontare “aiutando il lettore ad accelerare quando serve e rallentare per tornare fermo un attimo dopo. Un indizio nascosto tra i segni, che non ti costringe a spettatore pigro ma che invita ad andare oltre”.

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