Maria La Duca

Cani ovunque – Elenco di memorie per la festa più virale dell’anno

Esistono almeno sei giorni durante l’anno in cui si festeggia il cane. E ciascuno di loro ne celebra un particolare: la razza, simbolo di purezza o di miscugli ben costruiti; la presenza benefica in ufficio, ça va sans dire; il randagismo; l’adozione; la spiccata dote di saper svolgere lavori, che non siano solo il riporto; l’arrivo del primo cucciolo nella famiglia americana Colleen, dove Paige, nota esperta di pet, ha deciso nel 2004 che il 26 agosto è la Giornata mondiale del cane.

Mentre scrivo questo elenco, nella mia testa si accendono decine di immagini per ogni cele- brazione. La maggior parte dei quadrupedi è stata in un libro, in un film, in un cortometraggio, in casa di amici (non parlo di Paige ovviamente), per strada o in una fotografia; tipo quella un po’ sbiadita dove una coppia di barboncini bianchi sta seduta sotto un albero di Natale sfinito e pieno di decorazioni pac- chiane, esibita con una certa malinconia nell’ambulatorio del primo pediatra di mia figlia. Sì, lo abbiamo cambiato, ma non per quella foto.

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© Altan, Rizzoli, Franco Panini Ragazzi

E tanto per stare in tema bambini, avete presente la Pimpa vero? La cagnolina bianca e rossa di Altan, nata nel 1975 sulle pagine del Corriere dei Piccoli. Un personaggio coraggioso, che esplora il mondo con entusiasmo e lo stesso stupore dei piccoli. Il primissimo schizzo è nato con l’arrivo della figlia dell’autore, Chicca, quando tutta la famiglia viveva in Brasile. È proprio giocando con la piccola che Altan fa atterrare la Pimpa sul foglio di carta, accompagnata dall’Armando: una specie di padre, un genitore molto attento ma mai oppressivo. Nelle sua storie tutto è semplice. Anche prendere un razzo e volare nello spazio. Semplicità è quello che ricerca il segno di Altan, frutto di un immaginario visivo nutrito dall’oss- ervazione del mondo attorno a lui, dai libri d’arte, dalle letture d’avventura e della Susanna di Colette Rosselli, che ritroviamo nella sintesi grafica e nella pulizia dei colori che caratterizza tutto il suo lavoro.

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© Balto, Simon Wells, Amblimation

Dicevamo, i cani e le loro feste. Vi ricordate Balto, Sebastien, Nebbia, Nana, Scooby Doo? Ognuno di loro ha offerto la propria abilità, reale o immaginata, a servizio della relazione con il proprio umano di riferimento: correre nei ghiacci trainando una slitta, contenere e guidare greggi, riordinare camerette o risolvere enigmi. Nebbia, il cui nome originale nella serie giapponese era Joseph, uscì dalla matita di un signore che di nome fa Hayao Miyazaki nel 1974 mentre Nana, la bambinaia di Wendy, Gi- anni e Michele di Peter Pan, fu disegnata da J.P. Miller e Milt Kahl per quel capolavoro Disney del 1953, che annovera tra i propri concept artist Mary Blair, la donna che introdusse l’arte moderna nel character design. La sua impronta stilistica è ancora oggi inconfondibile: i suoi colori elettrici esagerati, utilizzati in campiture piatte realizzate in guache e acrilici, erano il suo marchio di fabbrica insieme alle forme eccezi- onalmente innovative per l’epoca. A John Parr Miller invece, pilastro degli studi di Burbank, nel 1937 fu affidato il compito di istituire il Character Modeling Department mentre il suo libro illustrato The Little Red Hen (Penguin Random House collana Little Golden Books, 1940) è ancora oggi un best seller.

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© Scooby Doo – Where Are You!, Warner Bros. Animation

Tra le righe delle biografie dei disegnatori si leggono luoghi famigliari, osservati con attenzione, dove gli oggetti quotidiani, le stanze, le relazioni hanno acceso la miccia della loro immaginazione e ogni dettaglio vissuto caratterizza i personaggi che inventano. Alcuni di loro incarnano veri e propri stereotipi e non è raro che proprio gli animali, i cani nel nostro caso, si prestino ad essere umanizzati, a tal punto da conservare solo la forma originale. È famosissima ad esempio la scena iniziale de La carica dei 101, dove Rudy e Pongo assistono alla finestra alla passerella cani-padroni dove i primi sono la perfetta ripro- duzione a quattro zampe degli altri. E spingendoci ancora più in là penso a Muttley, cinico e opportunista compagno del vile Dick Dastardly, la coppia alla guida della Vettura 00 in Wacky Races, la serie tv Han- na e Barbera del 1968. I due nonostante gli sforzi, i trucchetti e le trappole fallimentari sono destinati ad arrivare sempre ultimi. Almeno qui i cattivi restano al loro posto.

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© Wacky Races, Hanna-Barbera

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© I Griffin (Family Guy), Seth MacFarlane

E come non tirare in ballo Brian Griffin? Cane parlante con spiccate doti antropomorfe, l’unico a comprendere il piccolo Stewie. Colto, educato e sofisticato, ama la musica, la letteratura – ambisce ad un posto al The New Yorker – ma abbaia agli uomini con la pelle nera, tenendo fede alle sue origini texane. E ha problemi con l’alcol. La voce è dello stesso creatore della serie, Seth MacFarlane e, neanche a farlo apposta, è considerato il migliore amico di tutta la famiglia.

Quest’ultima nota aprirebbe alla domanda sul perché il cane è considerato il migliore amico dell’uomo ma non esiste una risposta univoca: vi assicuro, le teorie sono pressoché infinite. La più bizzarra è quella secondo la quale una mutazione genetica, che nell’uomo sarebbe patologica, ha dotato l’animale di un’indole iper socievole, terreno fertile per stringere facilmente rapporti stretti con l’uomo. Di certo c’è che sono fonte continua della nostra osservazione e restare indifferenti alle loro stranezze è davvero, dav- vero difficile. C’è addirittura chi esce a scovarli per strada per farli diventare disegni spassosissimi, come Giulia Sagramola, una delle mie illustratrici preferite, oppure Clarice Tudor che li traduce in vignette piene di sarcasmo. Andate a cercarle!

Sarà l’empatia che smuovono in noi, la capacità di regalarci affetto incondizionato o forse l’as- senza di giudizio a renderli così speciali, chi lo sa. Oggi abbiamo un’altra scusa per festeggiarli: con le loro adorabili stupidate hanno contribuito a costruire l’immaginario visivo di molti di noi. Il mio di sicuro.

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